D. Nuno Brás nella Festa di San Filippo e San Giacomo, Apostoli

D. Nuno Brás nella Festa di San Filippo e San Giacomo, Apostoli

Festa dei Santi Filippo e Giacomo, apostoli

Pontificio Collegio Portoghese

Roma, 3 maggio 2018

 

1. La festa di uno degli apostoli ci offre sempre l’opportunità di ritornare ai fondamenta della fede — vale a dire, a quelli atteggiamenti che stano in base di qualsiasi vita cristiana. Gli Apostoli sono, infatti, secondo ci ricorda il libro dell’Apocalisse di San Giovanni, i “basamenti” sui quali poggiano le mura della nuova Gerusalemme (Ap 21:14).

2. Il vangelo appena proclamato ci invita a centrare la nostra contemplazione in Gesù, “cammino, verità e vita”. “Ogni uomo — diceva Sant’Agostino — desidera la verità e la vita, ma non ogni uomo trova la via” (Serm. 141,1). E continua il santo vescovo d’ Hipona: “il Figlio di Dio, che nel Padre è per l'eternità verità e vita, assumendo la natura dell'uomo si è fatto via. Passa attraverso l'uomo e giungi a Dio. Per lui passi, a lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a lui. Se egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: Cerca la via. E' la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina” (Serm. 141,4).

3. “E' la via stessa a farsi incontro a te”. Vale a dire: la rivelazione, Dio, ci viene all’incontro. Conoscere Dio significa innanzitutto accoglierLo. Al Suo cospetto, il nostro primo atteggiamento non può che essere quello di chi, sorpreso, riceve non solo delle conoscenze intellettuali quanto tutta l’intera vita. Il primo passo è sempre quello di Dio. Questa verità che abbiamo imparato nella prima lezione di teologia non è soltanto una verità teologica — infatti, non esistono delle sole verità teologiche! — quanto è anche e sopratutto una verità che deve segnare tutta la nostra vita cristiana, il nostro “cammino”.

4. Si trata, quindi, di “guardare Lui”. Ma cosa significa “guardare Cristo”? Significa per primo “guardare la carne di Cristo”. Il Verbo è venuto al nostro incontro facendosi carne, “assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Filp 2,7) — ci è venuto incontro nella concretezza della carne e dell’umana esistenza. Questa (e non altra) è dunque la via. La carne di Cristo è la via. Per questo il Signore può dire a Filippo, come abbiamo ascoltato: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14).

La rivelazione cristiana arriva al mondo tramite la povertà della carne: nella povertà di quanto apprendiamo per mezzo dei sensi; nella povertà e nella fragilità della carne di Gesù di Nazareth — nella sua concretezza e temporalità; nella spoliazione della croce e della stessa morte, nonché nel silenzio del sepolcro. E quindi, nell’esistenza di quanti vengono identificati col Signore: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25:35-36).

5. Però la rivelazione non si ferma in questa povertà — ed è per questo che la debolezza filosofica ed esistenziale post-moderna risulta insufficiente per esprimere il cristiano.

“Chi ha visto me, ha visto il Padre”, dice il Signore. Ed è questo che intendiamo dire quando parliamo della bellezza nella rivelazione cristiana: infatti, la bellezza prende sul serio la povertà del mondo e dell’esistenza; però ci invita a guardare e ad andare oltre; a lasciarci sorprendere e guidare dalla riqueza di senso che ci viene incontro, che ci viene offerta. “Io sono nel Padre e il Padre è in me”.

Lo splendore, la gloria del Risorto ci affascina, non solo perché è Dio che ci viene all’incontro, ma anche perché sempre porta con se i segni della croce, della concretezza dell’amore fino alla fine. E non si ferma mai nel legno dell’abbandono e tanto meno nel silenzio del sepolcro: porta con se e ci fa davvero contemplare la gloria di Dio. La croce ci attira perché sempre ci rivela, sempre ci offre la grazia di trovare la bellezza intangibile del mistero divino. Ecco la via che è lo stesso Signore.

Detto in un’altro modo, questo è anche il senso del celebre “secondo le Scritture” del brano della 1ª Corinzi che abbiamo ascoltato — cioè, del querigma cristiano: le Scritture ci offrono il senso divino dell’evento Gesù di Nazareth. Senza le Scritture, la croce e il sepolcro rimarrebbero nella povertà di tutti gli umani eventi, così come le tante altre crocifissione avvenute in quel tempo. Sono le Scritture a farci scoprire pienamente il senso pieno degli eventi pasquali — a farci scoprire il mistero, la rivelazione divina. Sono le Scritture a permetterci di guardare la croce ed il sepolcro in tutto il suo significato, nonché a lasciarci sorprendere col annunzio della risurrezione e a scoprire tutta la sua portata.

Chiediamo i Santi Apostoli Filippo e Giacomo di intercedere per noi e per tutta la Santa Chiesa, e di aiutarci a proseguire il cammino della fede sull’unica vera strada che ci porta alla vita: Cristo Signore, in chi abbiamo potuto contemplare il volto del Padre.

 

+ Nuno Brás da Silva Martins, Bispo titular de Elvas e Auxiliar do Patriarcado de Lisboa