La tua salvezza è per tutti i popoli

La tua salvezza è per tutti i popoli

 

 

 

 

 

OMELIA – 4 maggio 2017

LETTURE: At 8, 26-40; Sal.65; Gv 6, 44-51.

 

            1. La tua salvezza è per tutti i popoli...

 

Il Signore, per voce dell'angelo, chiede a Filippo - lo leggiamo nella prima lettura - di incamminarsi per una strada deserta. Il vero servo si alza con decisione, senza domandarsi il perché di ciò che Dio vuole da lui. Noi non siamo chiamati a percorrere terreni ameni nei quali trovare ristoro nel corpo e nello spirito per godere individualmente  i doni del Signore, ma piuttosto a donarci con sollecitudine per gioire insieme lavorando una messe copiosa. Necessita guardiani che veglino notte e giorno, braccia operose che con vigore rimuovano la terra resa fertile perché porti frutto, cuori retti che amino in modo libero e universale tutti coloro che sono impegnati nello stesso lavoro, per attirare anime alla sorgente di vita che non ci lascerà mai nella siccità. Nel deserto nel quale si ascolta con pace e attesa la voce del Signore, si incontrano cuori aridi e assetati, pronti a ricevere l'acqua, dono gratuito, che può essere versata di cuore in cuore, rimanendo pura perché dono divino... E così l'etiope assetato riceve l'acqua della Parola che squarcia le tenebre e chiede per l'anima lo Spirito che rende veri figli di Dio e della Chiesa. "Ecco qui c'è l'acqua; che cosa mi impedisce di esser battezzato?". "Irradia sulla tua Chiesa la gioia pasquale, o Signore; unisci alla tua vittoria i rinati nel battesimo". "Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno".

E' difficile correre verso il Padre quando la nostra fragile umanità cade nel torpore e pur udendo non sente, pur guardando non vede. Lo Spirito che è in noi, però, alimenta la sete di pienezza, ci spinge poco a poco a lasciarci ammaestrare docilmente per colmare, senza pretendere di "risorgere" con le nostre sole forze, il desiderio di Dio. Siamo chiamati a godere "in movimento": in unione con Dio e nell'amore verso i fratelli.  Il pane di vita consumato con fede è nutrimento per il nostro pellegrinaggio, nell'incontro con la Verità che si impara ad amare senza restrizioni, ogni giorno riconoscendo la volontà di Dio, nella preghiera e nell'umiltà del nostro servizio.

 

2. Il nuovo agnello pasquale

 

"I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti" (Gv 6, 49). Nella celebrazione della pasqua, i giudei ricordavano il pane del deserto. Gesù li aiuta a fare un passo. Chi celebra la pasqua, ricordando solo il pane che i padri hanno mangiato nel passato, morirà come tutti loro! Il vero senso della Pasqua non è ricordare la manna che cadde dal cielo, ma accettare Gesù, nuovo Pane di Vita e seguire il cammino che lui ci ha indicato. Non si tratta più di mangiare la carne dell’agnello pasquale, ma di mangiare la carne di Gesù, in modo che non muoia chi ne mangia, ma abbia la vita eterna!

Chi mangia di questo pane vivrà eternamente. E Gesù termina dicendo: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). Invece della manna e dell’agnello pasquale del primo esodo, siamo invitati a mangiare la nuova manna ed il nuovo agnello pasquale che si immolò sulla Croce per la vita di tutti e è risorto, sempre presente nelle nostre chiese.

E la sfida per tutti noi è questa: l'Eucaristia mi aiuta a vivere in stato permanente di Esodo? Io presbitero, consacrato, laico? In questo primo giovedì del mese, di preghiera per le vocazioni, e in questa settimana di preghiera per le vocazioni, chiediamo al Buon Pastore di lasciarsi configurare da Lui e portarlo sempre dentro di noi, a esempio della Vergine Maria, Sua e nostra Madre.

In questo mese mariano di maggio, ricordiamo le parole di S. Giovanni Paolo II: «"Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45): Maria ha anticipato, nel mistero dell'Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, "tabernacolo" – il primo "tabernacolo" della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all'adorazione di Elisabetta, quasi "irradiando" la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse l'inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica?» (Ecclesia De Eucharistia, n.55).

Mi auguro che questa celebrazione eucaristica abbia continuità nel nostro apostolato e nella nostra vita pratica!

 

                                                                                         P.Saturino da Costa Gomes, scj