Festa da Apresentação do Senhor - 2018

Festa da Apresentação do Senhor - 2018

Nella festa della Presentazione del Signore - 2 febbraio 2018

Pe. Nuno Gonçalves, S.J.

 

         Tutti gli sguardi si rivolgono verso Gesù:  lo sguardo di Maria e Giuseppe che portano Gesù al tempio per adempiere le prescrizioni della legge; e lo sguardo di Simeone e Anna che accolgono quel bambino riconoscendolo come luce del mondo e salvatore dell’umanità.  È un momento di grande profondità ma, allo stesso tempo, lo possiamo immaginare come un momento discreto, tranquillo, senza rumore.   Rivolgiamo, anche noi, lo sguardo verso Gesù, vediamo come agiscono i personaggi di questa scena, ascoltiamo cosa dicono.

Una coppia, come tante altre, porta il suo primogenito al tempio per presentarlo al Signore.  È il gesto di una famiglia devota e attenta alle prescrizioni della legge.  Magari, qualcuno che passa saluta questi genitori con cordialità ma chi è capace di vedere in profondità?  Chi avrebbe dato una attenzione particolare a quella giovane famiglia, uguale a tante altre? 

Simeone è capace di vedere in profondità, come avevano fatto i pastori e i magi a Betlemme.  È vero che non siamo più al presepe ma il momento della presentazione di Gesù al tempio come che prolunga il Natale.  Com’era successo ai pastori e ai magi, ci vuole un annuncio o un segno dall’alto per riconoscere in quel bambino il Salvatore del mondo.  Non ci sono più gli angeli o la stella.  È lo Spirito Santo stesso che ispira Simeone a recarsi al tempio.  A lui, uomo giusto e pio che aspettava la consolazione d’Israele, lo Spirito Santo aveva preannunciato che avrebbe veduto il Cristo del Signore. 

Occorreva uno sguardo attento, uno spirito disponibile, l’esperienza di una vita lunga e fedele per vedere aldilà delle apparenze e così riconoscere in quel bambino la luce della salvezza.  Il cantico di Simeone è, perciò, lode, ringraziamento, atto di fede, annuncio di universalità, gioia per una vita compiuta.  Con le sue stesse parole, noi lodiamo e ringraziamo il Signore nella preghiera liturgica con cui terminiamo le nostre giornate.  Come Simeone, possiamo riposare ogni giorno in pace, se ci lasciamo condurre dallo Spirito Santo e se riconosciamo la presenza del Signore come luce e guida delle nostre vite.

La presentazione del Signore prolunga il Natale e annuncia la Pasqua.  Infatti, davanti allo stupore di Maria e Giuseppe, Simeone parla di Gesù come segno di contraddizione e non nasconde che la madre di quel bambino avrebbe partecipato da vicino al suo dolore. 

Nel tempio, in quella occasione, troviamo anche Anna; come Simeone, aveva  l’esperienza di una vita lunga e fedele e non esita a parlare di Gesù “a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.  È un bell’esempio di come l’evangelizzazione, antica o nuova che sia, ha le sue radici nell’incontro personale con Gesù.

La nostra vuole essere una vita presentata al Signore, una vita offerta; in unione con la vita di Gesù, modello di vita interamente presentata e offerta al Padre.  Quest’offerta di noi stessi, nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata, è segno di contraddizione ed è bene che lo sia.  Lo stesso accade per l’offerta di se stessi nella vita laicale, assumendo fino in fondo la consacrazione battesimale.  Una vita di fedeltà e di autentica radicalità è sempre segno di contraddizione perché solleva delle questioni alle volte scomode; può addirittura provocare persecuzione, divisione e scontro.  

Ci siamo mai sentiti segno di contraddizione? Ecco la domanda che ci possiamo fare oggi.  Essere segno di contraddizione, partecipare in qualche modo alla passione del Signore è la conseguenza del nostro amore per Lui.  È accettare che la luce del presepe ci porta fino alle ombre e, finalmente, alla luce del mistero pasquale.  Una vita offerta, come quella di Gesù, è sempre una vita in cui la croce è presente, ma non ha l’ultima parola. 

Simeone ha riconosciuto ed ha accolto nelle sue braccia Gesù, la luce del mondo.  Accogliamo anche noi questa luce che ci illumina e ci riscalda; e avendola accolta, accettiamo con gioia la missione di portarla agli altri.

 

                           Pontificio Collegio Portoghese, 2 febbraio 2018

 

                                         Nuno da Silva Gonçalves S.J.