Contempliamo la vita di Gesù nel quotidiano

Contempliamo la vita di Gesù nel quotidiano

Omelia:: 14 gennaio 2016

Letture: 1Sam 4,1b-11; Sal.43; Mc 1,40-45

 

Dopo il tempo di Avvento e la celebrazione del Natale, l’anno liturgico prosegue nel Tempo Ordinario.  Il tempo in cui contempliamo la vita di Gesù nel suo quotidiano, nelle sue fatiche di ogni giorno: vale a dire, gli incontri con la gente, l’annuncio del Regno, il perdono dei peccati, le guarigioni, la vita condivisa con i discepoli.   È il tempo del mistero di Dio celebrato nella vita ordinaria.  Cosa ci dicono, quindi, le letture di oggi su questo tempo ordinario che è il quotidiano della nostra vita, della nostra missione e apostolato?

Il primo libro di Samuele ci riporta la domanda angosciata di Israele: “Perché ci ha sconfitti oggi il Signore di fronte ai Filistei?”  Perché siamo stati sconfitti?  Perché è stato sconfitto il Popolo che il Signore aveva scelto e al quale era senz’altro fedele?  Dopo la domanda angosciata, una presa di decisione piena di fiducia: “Andiamo a prenderci l’arca dell’alleanza del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici”.   Però, nonostante la presenza dell’arca dell’alleanza nel campo di battaglia, Israele sarà sconfitto di nuovo dai Filistei. 

Che cosa possiamo imparare da Israele e dalle sue sconfitte?  Impariamo che il Signore non garantisce singole vittorie oppure percorsi senza difficoltà.  Il Signore non usa una bacchetta magica, diceva il Papa all’Angelus del 1º gennaio scorso.  E spiegava: “Il Signore non promette cambiamenti magici; Lui non usa la bacchetta magica.  Ama cambiare la realtà dal di dentro, con pazienza e amore”.   È questa proprio la tentazione di Israele: chiedere al Signore di usare una bacchetta magica per garantire singole vittorie o percorsi senza difficoltà.  Invece, il Signore, nei suoi tempi lunghi, garantisce che sarà Lui ad avere l’ultima parola e la sua ultima parola sarà sicuramente una parola di benevolenza e di salvezza, per Israele e per tutti noi.

Il Signore risponde sempre, nel tempo da lui deciso, alla nostra supplica presente nel ritornello del salmo di oggi: “Salvaci, Signore, per la tua misericordia”.  Anche quando siamo portati a dire, con il salmista: “Svegliati! Perché dormi, Signore?”  Di nuovo, il Signore non ci garantisce sempre la salvezza nelle singole battaglie ma ci garantisce la salvezza nell’insieme della nostra vita.

 

La guarigione del lebbroso che ci è ricordata da san Marco nel vangelo di oggi è, senz’altro, un segnale di compassione e di salvezza che riguarda tutta la vita.  Non è ancora la salvezza definitiva, potremmo dire; però, la esprime e ne è il simbolo in un modo particolarmente evidente.  Guarire dalla lebbra era, in realtà, salvare tutta la persona, reintegrandola nella comunità.  Il lebbroso guarito poteva essere di nuovo toccato.  Gesù è il primo a farlo, anticipando la guarigione e la reintegrazione: “tese la mano e lo toccò”, operando così il miracolo. 

Questa guarigione e reintegrazione nella società nasce da un suggerimento fiducioso dalla parte del lebbroso: “Se vuoi, puoi purificarmi”.  A questo suggerimento, il Signore risponde con la prossimità della compassione manifestata nel contatto fisico.  Non dice da lontano: “lo voglio, sii purificato”.  La compassione non si manifesta da una distanza prudente per non essere preso dal contagio.  La vera compassione prende dei rischi e porta alla vicinanza.

“Guarda di non dire a nessuno” – dice Gesù.  Però, come non proclamare e divulgare un tale fatto?  Possiamo capire e scusare la santa disubbidienza di chi si è messo a proclamare e a divulgare il dono ricevuto!  Davvero, come non farlo?  Come non manifestare riconoscenza e gratitudine?

Il Signore ha verso di noi la stessissima compassione manifestata al lebbroso del vangelo di oggi.  La stessissima compassione!  Chiediamogli, allora, che tocchi le nostre ferite grandi o piccole.  Lasciamoci toccare da Lui e manifestiamo la nostra gioia!

 

Nuno da Silva Gonçalves S.J.